Catacombe ebraiche

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Le catacombe ebraiche di Venosa rappresentano un’importante testimonianza del culto dei morti nella colonia ebraica dell’antica città romana tra i secoli IV e VI d.C. 
Le catacombe ebraiche, costruite dalla comunità ebraica venosina per ospitare le spoglie dei membri della comunità stessa furono scoperte nel 1853, quando venne alla luce il primo complesso di catacombale, scavato nel fianco meridionale della collina della Maddalena, anche se altre fonti ne davano notizia già dal 1584 e nel 1842 fu visitato da D’Aloe, il quale trascrisse le iscrizioni visibili nelle grotte. Le stesse iscrizioni rinvenute in questo primo complesso furono studiate dapprima, nel 1880, dal linguista e glottologo Graziadio Isaia Ascoli, e da Umberto Cassuto poi, nel 1944.
All’interno, il percorso si articola in una serie di corridoi principali e con questi a collegarsi, creando il tipico effetto-labirinto. Le pareti dei corridoi laterali sono occupate da piccole nicchie e loculi o si aprono in grotte di dimensioni più ampie che ospitano più sepolcri, sormontate da un arco che poteva essere intonacato o affrescato. Iscrizioni e decorazioni varie, attinenti alla tipica iconografia ebraica /candelabro a sette braccia) rimandano con immediatezza alla presenza di quella comunità ebraica che di Venosa fece la propria patria a partire dai primi secoli dell’era cristiana, lasciando tracce e testimonianze che giungono fino al XI secolo.
Sappiamo che la comunità ebraica, il cui nucleo, come si rileva dalle epigrafi, è verosimilmente ellenistico, era per lo più costituito da commercianti e da proprietari terrieri; inoltre è accertato che diversi suoi rappresentanti assursero a cariche di importanti nel governo cittadino. A Venosa gli ebrei concentravano nelle loro mani il potere economico, detenendo il monopolio del commercio del grano, dei tessuti e della lana; erano inoltre abili e intraprendenti esportatori, in assidui contatti con le città e con i porti pugliesi. La loro determinazione a salvaguardare i propri interessi si saldò con la volontà e il buon senso della restante popolazione, non ebrea, desiderosa di garantirsi il benessere che quelle attività direttamente e indirettamente si riversavano sull’intera comunità. Tolleranza e pacifica e fruttuosa convivenza in vita; e lieta e raccolta contiguità in morte.
Nel 1974, in seguito a nuove ricerche, fu scoperto un settore prima sconosciuto. In esso spicca un arcosolio, una nicchia a forma di arco, riccamente affrescato, recante i simboli della religione ebraica quali la menorah, il candelabro a sette braccia, affiancata a destra dallo shofar, il corno, e dal lulav, la palma, ed a sinistra dall’etrog, il cedro, e da una fiala d’olio. Un saggio di scavo condotto nel 1981 da Cesare Colafemmina ha restituito un’altra porzione di catacombe, che si andava così ad aggiungere ad altre, scoperte dallo stesso Colafemmina negli anni 1972-1974.
Le oltre 75 iscrizioni funerarie provenienti dalle catacombe, datate dal IV al IX secolo d.C., una delle quali è datata con esattezza al 521 d.C., ci restituiscono quello che è stato definito: «il migliore spaccato della società ebraica meridionale fra tarda Antichità e alto Medioevo» e ci consentono di trarre un’immagine piuttosto dettagliata sull’organizzazione interna della comunità ebraica venosina.
Le lingue usate nelle iscrizioni della grande catacomba sono la greca, la latina e l’ebraica, e a tali lingue e culture appartiene anche l’onomastica dei defunti. Molti epitaffi sono bilingui, ma è da notare che mentre nei pressi dell’ingresso sembra esclusiva la lingua greca, man mano che si procede verso l’interno il latino si alterna al greco sino a prevalere nettamente. Uno degli epitaffi più recenti, forse della fine del VI secolo, è in greco ma in caratteri ebraici. La ricchezza della città e la sua posizione strategica all’incrocio tra la via Appia, crocevia di commerci, e la via Erculea, fecero la fortuna della comunità nel periodo imperiale fino alle soglie del Medioevo.

Catacombe ebraiche di Venosa

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