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XL: come qualcosa di grande, come una taglia forte, oppure come la trascrizione in numeri romani della cifra “40”. È il titolo della prima mostra antologica di Dario Carmentano, articolato nella grammatica tipica dell’artista tra ironia e rivelazione. La mostra è un percorso entro i primi 40 anni della sua carriera e apre le stanze del palazzo anche a una rassegna di lavori di narrative art dell’artista, che andranno in scena nell’ambito di VivaVerdi Multikulti, a cura di Arterìa, nei mesi di dicembre e gennaio.

Lontano da ogni obiettivo di mera celebrazione, in un frangente di grave difficoltà per i presidi culturali del contemporaneo, la mostra vuole rimettere al centro della percettibilità pubblica il lavoro di uno dei più importanti artisti a cavallo tra i secoli XX e XXI, in Basilicata e non solo. La vicenda artistica di Dario è infatti di straordinaria rilevanza per le sue dimensioni territoriali e comunitarie per una serie di imprescindibili motivi. Mai trincerato dietro generiche pulsioni “creative” o “espressive”, il suo lavoro è sempre compenetrato da una dimensione pubblica, in un discorso collettivo che ci vede coinvolti nella continua revisione di dogmi, assunti culturali e distorsioni cognitive. Lavora da decenni sull’essenza del radicamento in una città unica al mondo, convinto che, a maggior ragione a Matera, non possa esistere un linguaggio o un discorso artistico buono per ogni latitudine, ma che l’artista debba necessariamente aderire alle urgenze antropologiche che si riflettono dai luoghi alle strutture culturali che si abitano. L’impegno di Dario, vissuto come ineluttabile necessità artistica, umana e civica, è quello tipico di chi, per conto di una porzione di società, si occupa di studiare e svelare i tranelli del linguaggio, delle strutture sociali, degli impianti simbolici, dei totem culturali, delle narrazioni più mistificanti e oleografiche: un lavoro di vero e proprio presidio della funzione di analisi e revisione che l’intera società ha la necessità di porre di nuovo al centro del dibattito pubblico e di quei processi che conducono a delineare il proprio futuro.

Inoltre, nella specificità dei linguaggi artistici, il lavoro di Dario è un’imprescindibile cerniera tra la generazione dei maestri-pittori della sua storia artistica e territoriale e quella dei contemporanei che assumono approcci metalinguistici, multimediali, digitali e processuali, e che non sentono più la necessità di assumere un tono aulico per discutere e discernere la materia del reale e dello spirituale. Dario, infatti, non è solo un innovatore dei linguaggi, un ricercatore che non si pone mete di soddisfazione, ma è anche il vero motore di una comunità artistica in Basilicata, promuovendo, presidiando e spronando le relazioni tra gli operatori sul territorio, la creazione di discorsi ed esperienze di condivisione, la possibilità di una consapevolezza di categoria, e sopperendo al crollo di molti dei dispositivi culturali di cui le precedenti generazioni artistiche si erano dotate.

La mostra percorre in maniera diacronica tutti i periodi del lavoro dell’artista: gli esordi, le ricerche geometriche, i linguaggi sporchi e ibridati di tipografie e oggetti contundenti tra anni ’80 e ’90, i discorsi sulle simbologie caricate di sensi antropologici, il periodo dell’esplosione della verve ironica e dissacrante che sabota i linguaggi della propaganda politica, religiosa e commerciale, fino al “ritorno” alla pittura con l’indagine di una forma perturbante che intrattiene relazioni aperte e feconde con l’indeterminato. In mostra anche una selezione di video d’arte e oggetti di design dell’artista.

La pregnanza delle riflessioni di Dario Carmentano giunge a noi come il necessario e insperato strumento di cui come società dovremmo dotarci per reagire in un contesto di straordinari sconvolgimenti: dalla fine delle “grandi narrazioni” di Lyotard al “pensiero debole” di Vattimo, passando per lo stravolgimento antropologico che l’esplosione del turismo come fenomeno globale ha portato a una Matera pressoché inerme, fino ai rigurgiti di una storia che, data per già finita, oggi ci ricorda quanto la nostra vita possa essere sconvolta dalle imponderabili pulsioni di affermazione dei poteri. Il lavoro di Dario ha affrontato in tempi non sospetti una serie di questioni oggi diventate di fondamentale importanza per la sopravvivenza stessa della specie umana, fondando i termini di un’estetica che non è disgiunta dall’etica e dall’economia: la generica nozione di “bellezza”, in Dario, è anche intrinsecamente connaturata alla parsimonia, all’ecologia, alla vita sociale e comunitaria, oltre che alla sacralità e all’impermanenza. L’ironia e l’indole dissacrante di Dario, con un’irriverenza che arriva alla profondità del proprio etimo – sbaragliare la cerimoniosità ossequiosa della reverenza – ci riportano a una radicale riorganizzazione delle gerarchie del nostro pensiero, operando sul linguaggio come infrastruttura attraverso la quale svelare gli ingranaggi celati dei nostri impianti valoriali.

Matera
Palazzo Malvinni Malvezzi 17 · 12 · 22 — 14 · 01 · 23

mostra antologica
prodotta da Porta Cœli Foundation a cura di Donato Faruolo

inaugurazione
sabato 17 · 12 · 22, ore 17.30

ingresso libero
da lunedì a sabato
10.30 — 13.00 / 17.00 — 20.00
chiusura 24 — 26 · 12 · 22
31 · 12 · 22 — 2 · 01 · 2023

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